Storia dell'Avvocatura

L'Antica Grecia conobbe una prassi giudiziaria nella quale l'interessato, sia accusatore che incolpato, era tenuto a pronunciare personalmente il proprio discorso argomentativo.

All'elaborazione dell'Antica Roma, invece, si deve la definizione della figura del defensor, inteso da Ulpiano (III secolo d.C.) come colui che "...facere quod dominus in litem faceret" (Digesto, 3, III, 35), e del procurator, ossia,  e sempre nell'accezione data da Ulpiano "...qui aliena negotia mandatu domini administrat..." (Digesto, 3, III, 1).

Quantunque il procurator svolga il suo ruolo amministrando l'altrui patrimonio, egli si distingue dal mero nuncius (Digesto, 3, III, 1.1), che è l'esecutore materiale delle altrui volontà, privo pertanto di facoltà decisorie.

Nell'età moderna è scissa la tradizione di common law da quella romanistica, nella quale ultima, tra le altre, l'esperienza giuridica italiana.

Nell'ambito della prima, il mondo anglosassone inglese suddivide il ruolo dell'avvocato nella figura del barrister, abilitato a difendere nel tryal by jury, ed in quella del solicitor, facultato alle difese minori dei c.d. summary tryals.

Tale distinzione è praticamente scomparsa negli Stati Uniti.

Nell'età contemporanea, sia per il libero Foro che per la difesa dello Stato, l'ordinamento giuridico italiano ha conosciuto sino al 1997 la distinzione tra procuratore ed avvocato, distinzione concepita in termini di progressività della professionalità.

Dal 1997, con riferimento al libero Foro, è stata abrogata la prima figura, sicché, con l'abilitazione all'esercizio della professione, si consegue tra l'altro il titolo di avvocato; nella difesa dello Stato, invece, continua a distinguersi tra procuratori dello Stato ed avvocati dello Stato.

Attualmente, la professione forense è regolata, principalmente ed in modo organico, dalla Legge 31 dicembre 2012 n°247, Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense, che, insieme con le molteplici fonti attuative e regolamentari, ha sostituito la precedente normazione degli anni 1933-1934, rimasta in vigore, con modifiche, sino a tale ed incisiva riforma.

L'etimologia della parola avvocato richiama l'espressione latina auxilium vocatus (Guido Alpa, La nobiltà della professione forense, Cacucci 2004, pag.19), nella quale si esalta il gesto dell'affiancarsi alla parte per guidarla tecnicamente nel diritto e per discorrere per lei davanti al giudice.

La metodologia del lavoro del difensore avvocato valorizza il dubbio come metodo di ricerca della verità (Francesco Carnelutti, Questioni sul processo penale, Zuffi 1950, pag.83).

La storia dell'avvocatura si intreccia, poi e sensibilmente, con la storia della democrazia.

I regimi totalitari, le dittature e, in genere, ogni forma di prevaricazione aborre o limita la difesa dell'individuo e, con ciò, elimina o rende soltanto formale il ruolo dell'avvocato.

Tra i moltissimi esempi, il 27 gennaio 1302, il Sommo Poeta fu giudicato in contumacia e sommariamente dal Podestà senza che l'imputato avesse avuto alcuna difesa, e, con gli stessi mezzi inquisitori, l'Alighieri fu condannato al rogo il 10 marzo 1302.

La Costituzione repubblicana del 1947 ha voluto invece sancire, al secondo comma dell'art. 24, il principio dell'inviolabilità della difesa in ogni stato e grado del procedimento.

Principio che, tra l'altro, considera presupposta la momentanea ed imprescindibile condizione di minorità del processato - vittima od autore, attore o convenuto - per il solo fatto che la sua vicenda storica necessita dell'altrui giudizio nel processo e, per questo motivo, gli affianca, come dovere pubblico irrinunciabile, la figura tecnica del difensore, ossia dell'avvocato, nello scontro dialettico delle parti contrapposte.

Il ruolo dell'avvocato è la difesa della persona, per esercitare la quale sono richiesti scienza ed eloquenza (Guido Alpa, la nobiltà della professione forense, Cacucci 2004, pag.16) ma anche libertà, indipendenza, cultura e stile (Ennio Amodio, Mille e una toga, Giuffrè 2010, pag.18).

In tale ottica, assume valore ancora attuale lo sprone di uno dei più famosi avvocati dell'antichità, Marco Tullio Cicerone (106-43 a.C.) che, nel De oratore, distinse la scienza dell'eloquentia dal vaniloquio futile e ridicolo (verborum volubilitas inanis atque inridenda), auspicando che fosse soltanto la prima a dare pregio alla difesa dell'individuo.

 

 

 

 

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